Pubblico adesso giovedì notte o venerdì mattina questo articolo scritto di getto domenica dopo essere stata al Macro.
E’ il primo articolo di questo Blog, cui seguiranno altri pubblicati più celermente.
Buona lettura
Si è conclusa oggi domenica 13 ottobre 2019 l’installazione interattiva di Salvatore Cammilleri nella Black Room del Macro di Via Nizza nel contesto del Macro Asilo curato da Giorgio De Finis.
Hanno partecipato:
Poeti: Capodiluce, Daniela Cannarozzo, Gianni Godi, Antonella Rizzo, Jenny Viola
Performer: Damiana Ardito, Daniela Cannarozzo, Simona Di Profilo, Jeannie Nitro, Sara Savini, Michela Signoracci, Jenny Viola
Ambiente Sonoro di Mauro Bagella e Lisa Monna
Superproteic O…
Il bonbon della transverberazione
di Barbara Gioiello
Passeggiando per il Macro veniamo invitati ad entrare nella Black Room da una performer in abito lungo nero. Per ribadire l’invito ci incolla sugli abiti degli adesivi con delle uova fritte disegnate sopra.
Incerti e dubbiosi, chiedendo permesso, varchiamo la soglia di questo ambiente dalla forma irregolare. La luce proviene dalle installazioni, dalle lightboxn e dal video. Subito si è catturati dalla presenza delle performer: la vera carne esce fuori dal buio come in un quadro di Caravaggio.
C’è un ambiente sonoro che culla lo spettatore, un video come un buco della serratura sulla poetica dell’opera.
Siamo ospiti e ci vengono offerti bonbon a forma di uovo, ci viene chiesto se vogliamo farci dipingere un uovo addosso.
L’ambiente sonoro ci culla come il mare ma ecco che cominciamo a capire qualche parola, qualche eco di poesia…
[L’istallazione è durata quattro giorni, si è conclusa oggi domenica 13. Il primo giorno c’è stato un reading di poesie. L’ambiente sonoro, dunque, è stato composto tagliando e rimontando i versi declamati dai poeti il primo giorno. N.d.R]
“Guscio che si incrina” ci stiamo aprendo all’ambiente e cominciamo ad osservarne i dettagli: sul pavimento due lightbox piene di gusci d’uovo sembrano delle fosse comuni. L’uovo che da sempre è simbolo di vita ed energia yang per eccellenza viene qui svuotato della sua parte essenziale per lasciarci solo un residuo, una maceria che sa di morte. Tuttavia sebbene si tratti di una fine tragica riusciamo ad individuare un elemento consolatorio nel fatto che questo destino è comune a tutti noi. Sulle altre tre lightbox alla parete troviamo la scritta: “Siamo TUTTI fritti!”
Ormai stiamo partecipando, ci stiamo modificando e non saremo mai più come prima. Eucaristia ironica: la transverberazione è un bonbon e noi ce lo abbiamo tra i denti con gli zuccheri che ci danno alla testa e il corpo dipinto di bianco e giallo.
Le nostre sacerdotesse sono il tuorlo d’uovo e hanno qualcosa tra le mani: una ha uno specchio che ci riflette. Ah! E’ noi che vuole! Il nostro sangue! Dolore! Ogni fuga è vana, ci siamo dentro, lo abbiamo anche mangiato e ormai non c’è scampo: “Siamo tutti fritti!” ci conferma l’altra attraverso uno schermo.
Attraverso le sacerdotesse si compie la transverberazione ma ahimè non è un’estasi come quella berniniana. Ci rendiamo conto che ormai da ospiti siamo diventati protagonisti e non possiamo più tornare indietro. Siamo noi l’Agnus Dei! La nostra epoca è questo, lo spettatore diventa protagonista di un’inversione estetica postmoderna. Ci siamo. Dobbiamo morire. Non c’è spazio per la libertà.
“Passione” ci conferma lo schermo: siamo immersi nell’estetica cristologica ma ormai abbiamo mangiato il frutto dell’albero della conoscenza da svariati millenni e abbiamo scoperto il sarcasmo che ci tiene ancora in vita nonostante la presenza quotidiana della morte. L’unica fuga è il non essere: la sostituzione di Marte da parte di Saturno e invece no, ancora non ci siamo: qui siamo ancora in piena lotta perché è essenziale capire chi sia il più forte.
“Resurrezione” conferma lo schermo. Possiamo risorgere ma ci rimane il segno sul costato, il dipinto interattivo è la ferita di Cristo ma questa volta per mandarla via basta un’allegra doccia!