Da Giotto a Pasolini

Vorrei condividere con voi la mia visita a questa estesissima mostra allestita a Palazzo Doebbing nell’antichissima città di Sutri: delizioso borgo in provincia di Viterbo. Si tratta di un palazzo privato quindi scordatevi riduzioni e gratuità! Sob!
La mostra si svolge su quattro piani e attraversa tre millenni: si parte dalla statuaria imperiale per arrivare fino agli artisti viventi. Si consiglia di visitare prima il piano terra, poi il seminterrato successivamente risalire e visitare il primo e il secondo piano.
L’esposizione si apre con il sarcasmo di Cesare Inzerillo e di Tadeusz Kantor. Le sculture di cartapesta dell’Inzerillo, nato nel ’71, sono scheletri impegnati nelle più comuni azioni della vita quotidiana: come andare al bagno o riposare su un’amaca. L’effetto è canzonatorio e apotropaico: come attori di un teatro dell’assurdo continuano a recitare la loro parte nonostante siano ormai trapassati e condannati all’immutabilità delle loro ultime gesta.
Di Tadeusz Kantor: artista polacco morto nel 1990, sono esposti i disegni su carta tra cui spicca il dissacrante: “Una vera lady inglese con il suo ultimo marito nel baule”. Anche qui i morti danzano assieme ai vivi e le loro azioni ci fanno riflettere sul nostro tragico destino senza dimenticare di strapparci un sorriso.
Passiamo alla seconda sala e… cambiamo radicalmente registro! Qui si celebra la vita e la vitalità: vi è esposta la celeberrima “Venere di Urbino” di Tiziano. Si noti bene non si tratta dell’opera degli Uffizi ma di una copia eseguita prima e attribuita allo stesso Tiziano. La bella Venere si mostra in tutta la sua sensualità mentre le ancelle sono intente a preparare il corredo per le imminenti nozze; lei si concede languida allo sguardo del fidanzato assicurandogli la propria verginità e fedeltà. Qui accanto vi è “L’efebo di Sutri” scultura in bronzo risalente al I secolo d.C. La statua è alta circa 78 cm e rappresenta un giovane, la mano destra è sul capo mentre la sinistra davanti al volto: secondo gli archeologi probabilmente stava tenendo uno specchio che poi è andato perduto nei secoli. L’ipotesi più accreditata è che sia una copia di un Prassitele. L’opera è stata trovata nel 1912 da due contadini che stavano lavorando la terra nei pressi del borgo ed è quindi radicalmente legata a questo territorio.
Scendendo le scale un quadro ci introduce all’allestimento del seminterrato, si tratta di un ritratto di Caravaggio: in fondo sono esposti i grandi dipinti di Guido Venanzoni che ritraggono il famoso artista nelle sue più chiacchierate esperienze e scorribande: “Caravaggio assiste alla decapitazione di Beatrice Cenci”, “Caravaggio presenta le sue opere al Cavalier D’Arpino”, “Caravaggio a Roma frequenta le osterie”, “Caravaggio uccide Ranuccio Tomassoni”, “Arresto di Caravaggio a Palo Laziale” solo per citarne alcuni. Le tele sono di grandi dimensioni e dipinte rigorosamente a olio con una tecnica che ricorda l’accademismo del XIX secolo.
Risaliamo al primo piano ed ecco che con “Petala Aura” ci inoltriamo nel Medioevo: si tratta di 47 gioielli realizzati in oro e pietre preziose dai longobardi. Trattano per lo più temi sacri come la croce greca, il Salvator Mundi ma anche temi animalistici cari a questa tradizione. Le pietre sono incastonate seconde la tecnica del “cloisonné”. L’incursione nei secoli bui prosegue con la pittura: abbiamo una meravigliosa Madonna di Giotto da Bondone, si tratta di una tempera su tavola appartenete alla collezione Alberto Di Castro. Della bottega dello storico pittore abbiamo un Cristo crocifisso secondo l’iconografia del Cristus Patiens e appartenente alla collezione Roberto Sgarbossa. Segnaliamo inoltre la “Sacra Famiglia” su fondo oro di Antoniazzo Romano ritrovata a Civita Castellana: paese non molto distante da Sutri.
Per la pittura contemporanea abbiamo Justin Bradshaw: pittore inglese nato nel ’71 e stabilitosi nella Tuscia nel 2004. Nel suo “Il banchetto di Erode” fa un’operazione simile a quella di “Le Déjeuner sur l’herbe” di Manet cioè ambienta nel mondo contemporaneo un episodio del passato, in questo caso un episodio biblico. L’effetto è di mordace e crudo realismo. Notevoli i suoi autoritratti stagionali. Dialoga con il passaggio del tempo Alessio Deli che fa rivivere le antiche dame rinascimentali in scultura, fondendo materiali nuovi e di recupero su dei volti del passato: nelle sue dame la pittura rinascimentale rivive e si manifesta come parte indelebile della nostra formazione e della nostra storia. Siamo il prodotto del nostro passato e del nostro territorio da cui deterministicamente non possiamo sfuggire nell’opera di Mirna Marni “Sedimenti s’incavano nel corpo sensibile” secondo l’artista la condizione umana non può esimersi dalla coscienza di essere inferiore alla natura e solo l’accordo con quest’ultima può portare a una permanenza armonica dell’umanità sul pianeta.
All’ultimo piano l’esposizione delle sculture di Livio Scarpella, nato nel ’69, e la documentazione fotografica su Pasolini. Con il primo torna la tradizione scultoria dell’efebo: l’uso esteso dell’oro nella statuaria rievoca forme tardobarocche mescolate a un certo gusto pop: si pensi alla scultura che ritrae Patty Pravo. Molti dei suoi efebi sono completamente dorati e valorizzati da pietre preziose e intarsi ricercati per ricavare il colore degli occhi, il contrasto è drammatico, più che mai luminoso e prodigioso.
Infine le foto di Dino Pedrali ritraggono Pasolini nella sua vita quotidiana poco tempo prima della drammatica morte.